martedì 12 maggio 2015

10 CORSO COMO


Prendi due amiche che si non si vedono mai abbastanza, che hanno una voglia matta d’estate (e di lasciarsi alle spalle la maturità) e decidono di regalarsi qualche ora per confidarsi - e confortarsi, e confrontarsi -, programmare viaggi e buttarsi a capofitto nel futuro, almeno col cuore: otterrai Sara e Marta che si godono una soleggiata domenica milanese, in uno dei posti più belli della città.




Se non conoscete 10 Corso Como, dovete assolutamente passarci. Fra l’altro in occasione di EXPO Salvatore Ferragamo e 10 Corso Como presentano Ferragamo’s Creations, le riedizioni di celebri modelli di calzature creati dagli anni Venti agli anni Cinquanta. Inoltre presso la Galleria Franca Sozzani è in corso la mostra World Press Photo 2015 [fino al 2 giugno].
E non dimenticate di salire sulla stupenda terrazza all’ultimo piano. Anzi, se passate in settimana, portatevi un buon libro, conquistate la vostra poltrona e godetevi il sole e la quiete di un angolo secreto.




sabato 25 aprile 2015

Ogni caduto somiglia a chi resta

“M'accorgo adesso che in tutto quest’anno, e anche prima, anche ai tempi delle magre follie, dell’Anna Maria, di Gallo, di Cate, quand’eravamo ancora giovani e la guerra una nube lontana, mi accorgo che ho vissuto un solo lungo isolamento, una futile vacanza, come un ragazzo che giocando a nascondersi entra dentro un cespuglio e ci sta bene, guarda il cielo da sotto le foglie, e si dimentica di uscire mai più.
È qui che la guerra mi ha preso, e mi prende ogni giorno.
Se passeggio nei boschi, se a ogni sospetto di rastrellati mi rifugio nelle forre, se a volte discuto coi partigiani di passaggio (anche Giorgi c’è stato, coi suoi: drizzava il capo e mi diceva: “Avremo tempo le sere di neve a riparlarne”), non è che non veda come la guerra non è un gioco, questa guerra che è giunta fin qui, che prende alla gola anche il nostro passato. Non so se Cate, Fonso, Dino, e tutti gli altri, torneranno. Certe volte lo spero, e mi fa paura. Ma ho visto i morti sconosciuti, i morti repubblichini. Sono questi che mi hanno svegliato. Se un ignoto, un nemico, diventa morendo una cosa simile, se ci si arresta e si ha paura a scavalcarlo, vuol dire che anche vinto il nemico è qualcuno, che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare una voce a questo sangue, giustificare chi l’ha sparso. Guardare certi morti è umiliante. Non sono più faccenda altrui; non ci si sente capitati sul posto per caso. Si ha l’impressione che lo stesso destino che ha messo a terra quei corpi, tenga noialtri inchiodati a vederli, a riempircene gli occhi. Non è paura, non è la solita viltà. Ci si sente umiliati perché si capisce - si tocca con gli occhi - che al posto del morto potremmo essere noi: non ci sarebbe stata differenza, e se viviamo lo dobbiamo al cadavere imbrattato. Per questo ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione.
Ci sono giorni in questa nuda campagna che camminando ho un soprassalto: un tronco secco, un nodo d’erba, una schiena di roccia, mi paiono corpi distesi. Può sempre succedere. Rimpiango che Belbo sia rimasto a Torino. Parte del giorno la passo in cucina, nell’enorme cucina dal battuto di terra, dove mia madre, mia sorella, le donne di casa, preparano conserve. Mio padre va e viene in cantina, col passo del vecchio Gregorio. A volte penso se una rappresaglia, un capriccio, un destino folgorasse la casa e ne facesse quattro muri diroccati e anneriti. A molta gente è già toccato. Che farebbero mio padre, che cosa direbbero le donne? Il loro tono è “La smettessero un po’”, e per loro la guerriglia, tutta quanta questa guerra, sono risse di ragazzi, di quelle che seguivano un tempo alla feste del santo patrono. Se i partigiani requisiscono farina o bestiame, mio padre dice: - Non è giusto. Non hanno il diritto. La chiedano piuttosto in regalo. - Chi ha il diritto? - gli faccio. - Lascia che tutto sia finito e si vedrà, - dice lui.
Io non credo che possa finire. Ora che ho visto cos’è la guerra,cos’è la guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: - E dei caduti che facciamo? perché sono morti?
Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno, Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, soltanto per loro la guerra è finita davvero.” 

(Cesare Pavese - La casa in collina)

Ai nostri morti, che ci hanno regalato la libertà (se solo sapessimo farne sempre buon uso!)
#25Aprile

domenica 5 aprile 2015

Parole - Daffodils

I wandered lonely as a Cloud
That floats on high o'er vales and Hills,
When all at once I saw a crowd,
A host, of golden Daffodils;
Beside the Lake, beneath the trees,
Fluttering and dancing in the breeze.
Continuous as the stars that shine
And twinkle on the milky way,
They stretched in never-ending line
Along the margin of a bay:
Ten thousand saw I at a glance,
Tossing their heads in sprightly dance.
The waves beside them danced; but they
Out-did the sparkling waves in glee:-
A Poet could not but be gay
In such a jocund company:
I gazed---and gazed---but little thought
What wealth the show to me had brought:
For oft when on my couch I lie
In vacant or in pensive mood,
They flash upon that inward eye
Which is the bliss of solitude,
And then my heart with pleasure fills,
And dances with the Daffodils.
(William Wordsworth)

venerdì 3 aprile 2015

Gnammy - Isa e Vane


Ieri finalmente mi sono concessa una pausa: una mattinata dedicata soltanto a mia mamma, alle nostre passioni.
Dopo un lento risveglio, siamo andate al Mercato Floricolo con l’idea di tuffarci nei tulipani, ma alla fine i ranuncoli, le giunchiglie ed i narcisi ci hanno conquistate.
Poi siamo state da Isa e Vane per il pranzo: per noi sformatino di risotto allo zafferano con cuore di robiola e liquirizia, torta salata e tagliere di formaggi con marmellate. E infine Red Velvet. 

_________________________

Isa e Vane 
Via Perugino, 1
Milano

martedì 31 marzo 2015

Gnammy - Ditta Trinchetti

Se siete a Roma non potete non passare da Trastevere perché:
- a Trastevere sembra che gli anni si siano fermati: da un momento all’altro un divo degli anni 50 potrebbe uscire da qualche trattoria!
- si respira profumo di tradizione e si possono divorare bucatini fino a scoppiare (evitate però i locali chiaramente turistici, quelli lasciateli ai Giappo)
- ogni dieci passi compariranno davanti ai vostri occhi auto d’epoca, specialmente Cinquecento rosse e gialle!

L’ultima volta che ci sono stata ho pranzato alla Ditta Trinchetti, scoperta grazie all’hashtag #trendandthecityguide su Instagram. Questa osteria-enoteca mi è piaciuta moltissimo: tra barattoli di latta delle conserve di pomodoro - che mi riportano indietro al profumo della passata che mia nonna Ada preparava, che puntualmente, sul finire dell’estate, invadeva la nostra casa al mare - usati come vasi, gomitoli di lana che cadono dal soffitto e piatti che uniscono antichi e nuovi sapori. E con le porzioni non scherzano: ho mangiato degli spaghetti cacio e pepe con zucchine e fiori di zucca che non finivano più (della serie #carboidratoviolento). Il menù è molto ricco, con piatti come arrosto di maiale con erbe e prugne, tortino di broccoli e patate (anche questo super buono!) e polpette di cavolo nero e ricotta.


Se siete in quella zona e preferite piatti un po’ più tradizionali o volete mangiare una bella pizza con mozzarella filante potete invece andare Aristocampo - è proprio di fianco alla Ditta Trinchetti.


[Per arrivare a Trastevere, se siete in centro, basta attraversare Ponte Sisto. Per raggiungere direttamente la Ditta Trinchetti forse può essere più comodo attraversare Ponte Garibaldi (quello che precede l’Isola Tiberina, per intenderci, e collega Lungotevere de Cenci a Lungotevere Anguillara Alberteschi) e la prima perpendicolare a Viale di Trastevere che incontrate è proprio Via della Lungaretta.]



_________________________
Ditta Trinchetti
Via della Lungaretta, 76 
Trastevere - Roma